L’Arcipelago africano di Capo Verde nella Poetica di Corsino Fortes
Ornella Gaudio
Mindelo-Ilha de Sao Vicente-Capo Verde
Há sempre
Pela artéria do meu sangue que g
                                                    o
                                                    t
                                                    e
                                                    j
                                                    a
De comarca em comarca
A árvore E o arbusto
Que arrastam
As vogais e os ditongos para dentro das violas
(Sempre ci sono / lungo l’arteria del mio sangue che gocciola / di regione in regione / l’albero e l’arbusto / che spingono / le vocali e i dittonghi / dentro la viola).

La poesia di Corsino Fortes sorprende, abilmente monta e smonta il testo usando le parole della capoverdianità come materia prima. Un nucleo semantico circolare che crea nuovi  significati per ricorrenze  e sostituzioni. I suoi testi di artigiano innovatore celebrano e reinventano Capo Verde dandogli nuova voce. Il suo “cosmo rotondo” (Ana Mafalda Leite) resiste alle avversità geoclimatiche e dà nuova coscienza e impulso alla tradizione culturale dell’arcipelago.

Nato nella città di Mindelo, a Saõ Vicente, il 14 febbraio del 1933,  Fortes è  considerato uno dei maggiori scrittori capoverdiani e una delle voci più importanti tra gli autori africani di espressione portoghese. Si è laureato in Giurisprudenza nel 1966 all’università di Lisbona. E’ stato membro del Partido Africano para a Independência da Guiné e Cabo Verde (P.A.I.G.C.) e ha partecipato attivamente alla lotta di liberazione del suo Paese. Dopo l’indipendenza di Capo Verde ha ricoperto moltissime cariche pubbliche in Portogallo, Angola, Mozambico e Saõ Tomé e Principe. La produzione poetica di  Corsino Fortes è una trilogia composta da  Pão & Fonema (1973), Árvore & Tambor  (1986) e Pedras de Sol & Substância  (2001). Ogni libro ha una struttura particolare e nella raccolta A Cabeça calva de Deus (2001) crea un corpus unitario e dialogico, dando vita con una forte carica immaginifica e meta linguistica, alla memoria epica di Capo Verde e all’epopea del suo popolo. Le sue poesie sono state tradotte in varie lingue.

Corsino riprende temi classici della poesia capoverdiana quali l’emigrazione, l’insularità, la siccità, la fame e li amplia in maniera dinamica e circolare. Risponde ai temi dell’evasionismo con l’antievasionismo, ovvero non più partire, ma rimanere e costruire.Il poeta e il popolo al quale si rivolge sono parti dello stesso sentimento in cerca di identità: “Agora povo agora/agora pulso agora/ agora paõ agora/ agora poema agora” (ora popolo ora/ ora polso ora/ ora pane ora/ ora poesia ora). Allo spazio mitico e utopico della poesia capoverdiana cantata dai poeti di Claridade si sostituisce uno spazio reale che coincide con la geografia del paese e della nazione. Non più evocazione del paradiso perduto o dell’età dell’oro, non più ricerca di uno spazio felice fuori dalle isole, ma coincidenza tra spazio mitico e spazio reale,  dove lo spazio paradisiaco è la patria in costruzione.

E’ il cammino di un popolo verso la sua valorizzazione e trasformazione, è l’identità in movimento, dinamica e fondatrice di una nuova nazione. L’intenzione dell’autore si condensa nell’epigrafe di Pablo Neruda “Aqui nadie se queda inmóvel. / Mi pueblo es movimiento. / Mi pátria es um camino” (Qui nessuno è immobile/il mio popolo è movimento/ La mia patria è un cammino). Capo Verde rinasce come paese e come cultura dentro e fuori l’opera di Fortes, ma anche dentro e fuori l’arcipelago. In Portogallo, Francia, Italia, Olanda e a Boston  vivono comunità capoverdiane che partecipano alla creazione di questa  identità.

Uno dei grandi problemi di Capo Verde è la siccità, le piogge rare e irregolari rendono i terreni aridi e i raccolti incerti. Paõ (pane, cibo) è il risultato positivo e fecondo dell’incontro tra pioggia e semina, è la testardaggine del contadino capoverdiano che continua a seminare nella speranza di un raccolto, benché magro, e della pioggia rivoluzionaria che farà germogliare l’arcipelago: “Chove no povoado a sua chuva de séculos/E a goela das ribeiras incha-se / De aplausos” (Piove sulla città la sua pioggia di secoli/ e le gole dei fiumi si riempiono / di applausi) oppure in una dimensione onirica ”Quando a ilha sonha/ e a chuva invade o sono das crianças” (Quando l’isola sogna/ e la pioggia invade il sonno dei bambini) o ancora “Chove pulga & ponto: sangue & virgula” (Piove pulce & punto: sangue & virgola). Paõ è il pane del desco giornaliero, ma anche il pane di un intero popolo altrimenti costretto a emigrare.
Fonema è  voce, parola, alfabetizzazione attraverso la quale si può arrivare alla conquista della libertà e dell’indipendenza politica e culturale. I temi della seca, della fame, dell’emigrazione, così come a pedra (simbolo del suolo arido e secco) rimandano al sertaõ nordestino di Joâo Cabral de Melo Neto scrittore concretista brasiliano. Corsino Fortes come lui  stesso riferisce, è stato influenzato dall’universo poetico dell’autore di “Morte e vida Severina”. La loro poesia è innovativa, concreta, minerale, fatta di parole autentiche, entrambi sono costruttori della parola (pedreiros das palavra).

La scelta dell’autore è di scrivere in portoghese pur servendosi di “material e /ou mobiliario capoverdiano”. Parte è in creolo, con testo portoghese dello stesso autore, dimostrando così che il Fonema, la  voce di Capo Verde, è rappresentata tanto dal creolo quanto dal portoghese come in Tchon de pove tchon de pedra /Chão do povo Chão de pedra (Terra del popoloTerra di pietra):   “Roste dbô fidge ta brada pa mar/c’ma panela morte c’mapanela vive/morte/vive/na fogon pagode/P’lon calode fogon pagode/na vulcano & viola dbô coraçon/Boca de pove na fog dnôs fogon pagode (…)” “O rosto de teu filho brada pelo mar/ Como panelas mortas como panelas vivas/mortas/vivas/nos fogões apagados/Pilões calados fogões apagados/No vulcão e na viola do teu coração/Boca do povo no fogo dos nossos fogões apagados(…)” (Il volto di tuo figlio urla dal mare/  come pentole morte come pentole vive/morte/vive/sui fornelli spenti/ Mortai silenziosi fornelli spenti/nel vulcano e nella viola del tuo cuore/Bocca del popolo sul  fuoco dei nostri fornelli spenti).

In Árvore & tambor la circolarità dell’universo poetico di Fortes attinge a una sua propria dinamica, è un continuo di rimandi al tema principale e ai vari elementi del testo, ricorrenza di termini che creano un nucleo o un cosmo di parole portanti.  «Tambor», «árvore», «arbusto», «semente», «seiva», «raiz», «sangue», si mischiano e si intrecciano in varie combinazioni generando nuovi significati una continua “ida e volta” dal tema principale. Analizzando la poesia Ilha si nota la forza generatrice dei termini Sol & semente, il legame tra la natura (raiz) e il fulmine, il cui esito sonoro non sarà un tuono, ma Tambor de som, simbolo dell’identità capoverdiana, ritmo del popolo africano, ricavato dal legno (árvore). L’incontro tra arvore e tambor farà germogliare l’arcipelago “na árvore/ está o tambor/E contra a erosaõ: a politica da sedução” rinverdirà la testa calva di Dio, metafora delle montagne spoglie di Capo Verde: “Sol & semente: raiz & relâmpago/Tambor de som / Que floresce/A cabeça calva de Deus” (Sole & seme: radice &fulmine/ Tamburo/Che fiorisce/ La testa calva di Dio). Il tema dell’identità nazionale è comune a molti paesi interessati dal colonialismo ma è  ancora più presente nella poesia capoverdiana.

Le isole di Capo Verde erano disabitate fino a metà del secolo XV quando vennero popolate da coloni europei. Le isole furono usate come avamposto dai portoghesi per il commercio degli schiavi africani verso le Americhe. Divennero un crocevia di popoli e merci, un incrocio di genti e culture che ha fatto di queste isole una sintesi culturale singolare e peculiare. Bianchi, neri e mulatti si realizzano attraverso gli stessi percorsi, il meticcio capoverdiano è l’elemento catalizzatore che diffonde  e fissa la cultura mestiça nella struttura sociale, nella lingua, nel folclore, nella cucina, nelle tradizioni popolari.

La poesia di Corsino Fortes rompe  con i modelli letterari che l’ hanno preceduta e fa da spartiacque rispetto alla produzione capoverdiana. Il tema tipico dell’insularità, il dramma del mare,  il “voler partire e il dover restare”, in Fortes cambiano. C’è una esplosione di coscienza: i figli di Capo Verde pur partendo fisicamente restano legati al popolo e alla patria, e quando torneranno aiuteranno nella costruzione della capoverdianità. Lasciare le isole può essere necessario per crescere, ma il ritorno è necessario per sognare  e trasformarsi “Quem naõ soube/ quem naõ sabe/ Emigrante/ Que toda a partida E’ potência na morte/ E todo o regresso è infância que soletra” (Chi non sapeva/chi non sa/Emigrante/che ogni partenza è potenza nella morte/ E ogni ritorno è fanciullezza che incanta).


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Ornella Gaudio si dedica agli studi e all’approfondimento della letteratura brasiliana e letterature dei Paesi dell’Africa lusofona. Ha collaborato in qualità di giornalista alla rivista letteraria Periferie.