Scarpe di tela grigie
Franca Dumano
Foto di Edson Ferreira

In realtà.

Scarpe grigie, da ginnastica, un po’ consumate. Scarpe da ragazzo. Scarpe grigie, con il bordo di plastica bianca leggermente infangato.Un grigio chiaro, uniforme fino alla caviglia, punto in cui diventa scuro per un breve tratto, un profilo negativo. Scarpe da ragazzo, chiuse con un nodo morbidamente irregolare. Scarpe vissute, ma non vecchie. Occhielli in metallo, lacci chiari, scarpe comode. Sneakers grigi, di buona fattura, senza pretese,  senza marche o sigle in evidenza ( almeno a me conosciute).  Asciutte nonostante il temporale che imperversa fuori. Scarpe grigie, di un grigio chiaro ma intenso. Un grigio rassicurante . Ed elegante, tanto che il mio sguardo  non riesce a staccarsene.


n realtà, al di sopra delle scarpe grigie ci sono i pantaloni grigi, la maglietta e il corpo di un ragazzo, in lacrime. In realtà, se alzassi lo sguardo oltre le sue scarpe mi troverei davanti la bara del padre del ragazzo, caro amico e scrittore brasiliano, di cui si sta celebrando l’ultimo saluto : è una visione troppo triste, che il mio sguardo rifugge.


Ascolto le parole degli amici, le letture e le canzoni , poi rifisso ancora lo sguardo sulle scarpe grigie del mio vicino. I miei pensieri si moltiplicano  nel seguire il grigio, osservandone i dettagli più vari … scarpe grigie, in movimento, che si agitano nervose. La consapevolezza del dolore di questo distacco prende forma, mentre ascolto un addio accorato suonato dalla chitarra di un amico. Le lacrime annebbiano il mio sguardo, mentre continuo a fissare le scarpe grigie del mio vicino e percepisco il suo dolore di figlio . In realtà, mi sento più vicina a questo giovane di quanto potrebbe sembrare a prima vista: una donna di mezz’età,vicina fisicamente e spiritualmente, che ripercorre la traiettoria di un dolore che la riporta dritto al suo, di ragazza che piange la morte del padre, a ridosso di Natale, come ora, nell’anno della maturità linguistica, come per il ragazzo.


Anch’io ho avuto un padre “speciale” con cui sognare e fantasticare. E poi da sola fare i conti con la realtà.


C
ontinuo a guardare le scarpe grigie del mio tenero vicino e mi perdo ad immaginare i loro percorsi, i desideri, le corse pazze, i pomeriggi di solitudine in camera, le sere con gli amici, i lanci dal letto al pavimento.


Scarpe grigie, movimenti convulsi e caviglie incrociate, scarpe da ragazzo in giro per locali, scarpe da ginnastica che non si fa, scarpe da tennis che niente hanno a che vedere con il tennis… Piedi sempre più nervosi, in movimento. Piedi da ragazzo. Lacci dai percorsi irregolari, mi inteneriscono ricordando le fatiche delle manine di mio figlio, che provavano e riprovavano il percorso da seguire fino al nodo.    


Il tono del saluto collettivo cui stiamo partecipando stride sempre di più verso l’addio. Addio celebrato a Lucca, città in cui ho conosciuto il maestro di pensiero, vita e poesia che oggi vola via per sempre; città racchiusa nell’anello delle mura medievali come un gioiello incastonato su un cuore  incandescente di parole e idee: magma in divenire.


Addio allo scrittore in una Lucca fredda, grigia e piovosa, flagellata da un temporale violente come la malattia che l’ha fagocitato in pochi mesi. Addio con un volo fantastico intorno alle mura, ove diverse stagioni della nostra amicizia si sono alternate: le lezioni estive, i picnic con i bambini, i dibattiti autunnali con l’incanto variopinto delle foglie e il segreto del vento che spazzava via tutto, anche le nostre parole.


Saluto e omaggio la scrittura e l’impegno – imprescindibili l’uno dall’altra- di questo intellettuale partito dal Brasile e arrivato alle sfumature infinite della lingua, della madre lingua, della lingua italiana e delle lingue di frontiera. Ogni lingua come un passaggio. Politico ed esistenziale. Come un giro sul cerchio delle mura di Lucca, come una città girandola fantastica nel tempo e nello spazio, che di nuovo si gira verso il passato, verso un altro incontro importante, nell’estate della scrittura.


Estate digradata nelle immagini di un ottobre triste e amaro, delle viti rosse e gialle della fertile e amata Ciociaria, lettere lette con le lacrime agli occhi e risposte scritte con l’amore in punta di penna. Scritture migranti dei miei allievi africani si libravano in volo verso il cielo di Lucca, verso questo generoso scrittore che oggi salutiamo per sempre, in cerca di consigli, approvazioni, pubblicazioni.


Julio Caesar Monteiro Martins: uno scrittore in esilio, che attraversava le lingue ripercorreva le rotte delle migrazioni e tornava al Brasile ancestrale delle conchiglie in valigia(della narrazione infinita) ; donava suggerimenti, osservazioni, perle di saggezza con il suo accento caldo e sensuale, profondamente brasiliano.


Sensualità e coraggio sono le parole che restano dopo il dolore, che meglio lo ritraggono.


Le scarpe grigie si sono allontanate per qualche minuto, verso gli amici e poi verso il microfono per un saluto acuto e intelligente, profondamente saggio per un giovane e doloroso per un figlio, consapevole delle sfaccettature degli affetti e della realtà. Ora mi sono tornate accanto e riempiono il vuoto del pavimento che ho continuato a fissare, per non perdermi nel turbine dei ricordi e degli incontri del passato e del presente: un giro delle mura sarebbe pericoloso, ora, con passaggi scoscesi, fossi allagati, sentieri scivolosi, pietre infangate… Non ho molto equilibrio ed è sui sugli scoscendimenti dell’amore che ho paura di perdermi … perdermi in uno sguardo-scintillante di vita e curiosità, gioventù e allegria; in un sorriso luminoso che ha riacceso la scrittura schiacciata dagli impegni e dalle ingiustizie.


In realtà le scarpe di tela grigia del mio vicino evocano-magia della scrittura, diceva Julio, altre scarpe da ragazzo, sorriso illuminante, sguardo curioso e affascinante. Un ragazzo con scarpe da corsa verso la vita e la scrittura professionale.


In realtà, è questo il mio vero omaggio allo scrittore defunto: evocare con le parole una seduzione impalpabile, un fremito del cuore - che lui avrebbe compreso, senza giudicare - e forse, dopo un sorriso sornione, magistralmente ritratto in un racconto breve.


In realtà, Lucca stasera mi appare come un caleidoscopio di sentimenti, incontri e colori, in cui evocare la sensualità della vita.

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Franca Dumano. Nata nel 1963 in Ciociaria, da anni vive in Toscana. Laureata in Giurisprudenza e in Antropologia, scrive per passione poesie e racconti. Collabora a progetti di microcredito in Mali.

©2015- SARAPEGBE                                                             
E’ vietata la riproduzione, anche parziale, dei testi pubblicati nella rivista senza l’esplicita autorizzazione della Direzione