Sognare in casa: l'influenza di Jorge Amado sulla formazione degli scrittori dell'Africa di lingua portoghese
introduzione a cura di Antonella Rita Roscilli
Mia Couto
L'Universo Amadiano di Sérgio Siqueira
L’opera letteraria di Jorge Amado (1912-2001) è conosciuta a livello mondiale: i suoi libri sono stati tradotti in 55 Paesi e in 49 lingue, oggetto di studi accademici, tesi universitarie, utilizzati per innumerevoli adattamenti cinematografici, teatrali e televisivi. La sua intera opera mostra, senza ombra di dubbio, quanta importanza possa rivestire la letteratura come strumento di messaggi socio-politici, recupero delle radici e conoscenza di culture. A volte si tratta di culture discriminate e umiliate per secoli, come quella africana e di origine yorubá, presente a Salvador de Bahia.
Per riconsegnare visibilità e dignità ad essa e lottare contro le contraddizioni sociali, Jorge Amado si fece portavoce delle tante storie che udiva, dei tanti cibi che gustava, della religione che amava. Da giovanissimo fu uno dei fondatori del gruppo “Academia dos Rebeldes” (Accademia dei Ribelli), che difendeva la letteratura brasiliana dandole significato universale. Nel 1935 si laureò in Diritto a Rio de Janeiro. Nel 1936 fu imprigionato per la prima volta a causa delle sue attività politiche che lo vedevano vicino al PCB (Partito Comunista Brasiliano). Nel 1937 riuscì ad organizzare a Bahia il 1° Convegno Afro-Brasileiro, insieme all’antropologo Edison Carneiro, e fu un evento di portata storica, visto che si era in piena dittatura Vargas.
Fu anche a causa di questo convegno che venne catturato e imprigionato più volte, i suoi libri furono messi al rogo nella pubblica piazza, visse l’esilio in Argentina e in Uruguay (1941 e 1942), a Parigi (1948, 1949 e 1950) e a Praga (1951-1952). Nella pur breve democrazia del Paese, tra il 1945 e il 1947, fu eletto deputato federale (fu il più votato dello Stato di São Paulo) e fece parte dell’Assembléia Nacional Constituinte durante la quale si impegnò per l’approvazione di una legge, ancora oggi in vigore, che assicurasse la libertà di culto religioso.
Nel 1945 conobbe l’amore della sua vita, con cui avrebbe condiviso 56 anni di passione e lavoro: Zélia Gattai, brasiliana e discendente di anarchici italiani. Ma la dittatura tornò e fu più feroce che mai. Perseguitò Jorge e Zélia fin nella loro casa di Rio de Janeiro. Così la decisione fu l’esilio insieme alla sua amata: un esilio di cui seppero ambedue approfittare entrando in contatto con intellettuali e artisti paladini della Pace come Pablo Neruda, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Pablo Picasso. Al ritorno in Brasile, Jorge si allontanò dalla militanza politica e, a partire da allora, si dedicò interamente alla letteratura.
Questo è Jorge Amado e i fatti della sua vita parlano, a dispetto di quei pochi che tentano, invano, di screditarne il valore. Il suo pensiero, senza preconcetti o apologie, il coraggio, il senso di libertà e ironia, l' amore, la sua letteratura lo rendono immortale ed esempio per i molti scrittori nel mondo che lo considerano esempio illuminante nelle loro opere di riscatto di culture martoriate.
E’ il caso delle letterature africane di lingua portoghese e ne è esempio il bel discorso pronunciato nel 2008, a São Paulo, da Mia Couto, uno tra i maggiori scrittori mozambicani, in occasione della ripubblicazione dell’opera omnia di Jorge Amado, nello storico passaggio dalla casa editrice Record all’editrice Companhia das Letras.
Mia Couto (António Emílio Leite Couto) è poeta, giornalista, biologo ed è considerato uno degli scrittori più importanti del Mozambico. E’ in assoluto il più tradotto. I suoi personaggi incarnano gli effetti che produsse la colonizzazione portoghese sulla cultura autoctona: non solo fu colonizzazione culturale, ma mentale e psicologica e privò i mozambicani della loro interiorità.
Mia esalta la lingua mozambicana e gioca con essa, misturando il portoghese dell’antico colonizzatore con il lessico regionale. Produce quindi un nuovo modello di narrativa africana come riappropriazione di radici. Nel 1983 pubblica il suo primo libro di poesia “Raiz de Orvalho” che include poesie contro la propaganda marxista militante. “Terra Sonnambula”, il suo primo romanzo pubblicato nel 1992, è la storia di una terra stuprata dal colonialismo portoghese e di un Mozambico distrutto dalla guerra. Venne considerato uno dei dodici migliori libri africani del secolo XX.
Come Xanana Gusmão (poeta timorense che militò nella guerriglia di sinistra e divenne nel 2002 Presidente del Timor Est), Mia Couto si posizionò politicamente integrando i quadri della Frelimo (Fronte di Liberazione del Mozambico), movimento di guerriglia anticoloniale di ispirazione marxista che si trasformò in partito ufficiale dopo l’indipendenza nel 1975. Il suo ingaggio è con la cultura del sudest africano e con la divulgazione della lotta del popolo mozambicano per la costruzione di una nazione che si riappropri della sua identità, delle radici e della cultura ancestrale, umiliata da secoli di colonizzazione portoghese.
Riportiamo quindi la traduzione del discorso proferito da Mia Couto nel Sesc Pinheiros di São Paulo il 25 marzo 2008, in occasione degli omaggi allo scrittore Jorge Amado.
Sognare in casa di Mia Couto
"Vengo da molto lontano e porto con me un messaggio sicuramente condiviso dai colleghi scrittori dell’Angola, del Mozambico, di Capo Verde, Guinea Bissau e São Tome e Principe. Il messaggio è il seguente: Jorge Amado è lo scrittore che ha avuto maggiore influenza nella genesi della letteratura dei paesi africani che parlano la lingua portoghese. Il nostro debito letterario con il Brasile comincia secoli addietro quando Gregorio de Matos e Tomaz Gonzaga aiutarono a creare i primi nuclei letterari in Angola e Mozambico. Ma questi livelli di influenza erano ristretti e non si possono paragonare ai segni profondi e duraturi lasciati dall’autore baiano.
Si deve dire che Jorge Amado ha contribuito alla proiezione della nazione brasiliana più di tutte le istituzioni governative messe insieme. Non si tratta di giudicare il lavoro di queste istituzioni, ma solo di riconoscere l’immenso potere della letteratura. In questa sala ci sono persone che contribuirono ugualmente ad ingrandire il Brasile e crearono ponti con il resto del mondo. Parlo di Chico Buarque e Caetano Veloso. A Chico e a Caetano rivolgo l’immenso ringraziamento dei nostri Paesi che incontrarono luce e ispirazione nella loro musica e poesia. Ad Alberto Costa e Silva va il nostro ringraziamento per l’impegno serio nello studio della realtà storica del nostro continente.
Nelle decadi del ‘50, ‘60 e ‘70 i libri di Jorge attraversarono l’Atlantico ed ebbero un impatto straordinario con il nostro immaginario collettivo. Bisogna dire che lo scrittore baiano non viaggiava da solo: con lui arrivarono Manuel Bandeira, Lins do Rego, Jorge de Lima, Erico Veríssimo, Raquel de Queiroz, Drummond de Andrade, João Cabral Melo e Neto e tanti, tanti altri.
Mio padre – che era ed è poeta – diede il nome di Jorge ad un figlio e di Amado ad un altro. Solo io non ho avuto nomi referenziali. Ricordo che nella mia famiglia la passione brasiliana si divideva tra Graciliano Ramos e Jorge Amado. Ma non c’era alcuna disputa: Graciliano rivelava l’osso e la pietra della nazione brasiliana. Amado esaltava la carne e la festa di questo Brasile.
Nella mia breve relazione vorrei viaggiare intorno a una domanda: perché questo assoluto fascino per Jorge Amado, perché questa adesione immediata e duratura? Vorrei ragionare qui su alcune di queste ragioni di amore per Amado. E’ evidente che la prima ragione è letteraria e risiede interamente nella qualità dei testi dello scrittore baiano.
Ho sempre creduto che il maggiore nemico dello scrittore possa essere la sua stessa letteratura: è peggio scrivere un libro in maniera esagerata che non scriverlo affatto. Jorge Amado seppe trattare la letteratura nella dose giusta e seppe rimanere, al di là del testo, un esimio raccontatore di storie e un notevole creatore di personaggi. Ricordo la paura di Adélia Prado che dopo la pubblicazione dei suoi primi versi confessò: - Ho fatto un libro e, mio Dio, non ho perso la poesia…-. Anche Jorge scrisse senza mai smettere di essere un poeta del romanzo. Questo era uno dei segreti del suo fascino: la sua artificiosa naturalezza, la sua elaborata spontaneità.
Oggi rileggendolo, nei suoi libri risalta questo tono di dialogo intimo, un dialogo all’ombra di una veranda che inizia a Salvador de Bahia e si estende oltre l’Atlantico. In questo narrare fluido e tranquillo, Jorge fa sfilare la prosa e i suoi personaggi fuoriescono dalle pagine e saltano nella nostra vita quotidiana. Lo scrittore Gabriel Mariano di Capo Verde scrisse queste parole: Per me la scoperta di Amado fu una illuminazione perché leggevo i suoi libri e vedevo la mia terra. E quando incontrai Quincas Berro d’Agua lo vedevo nell’isola di São Vicente, nella mia strada di Passà Sabe.
Questa familiarità esistenziale fu certamente uno dei motivi di fascino nei nostri Paesi. I suoi personaggi erano vicini non ad un luogo, ma alla nostra stessa vita. Gente povera, gente con i nostri nomi, gente della nostra razza passeggiava per le pagine dell’autore brasiliano. Lì stavano i nostri malandros, lì stavano i terreiros dove parlavamo con il divino, lì stava l’odore del nostro cibo, lì stava la sensualità e il profumo delle nostre donne. Jorge Amado ci faceva tornare a noi stessi.
In Angola, il poeta Mario Antonio e il cantante Ruy Mingas composero una canzone che diceva: Quando ho letto Jubiabà mi sono sentito Antonio Balduino. Mio cugino, che non lo aveva mai letto, divenne Zeca Camarão .
E questo era il sentimento: Antonio Balduino già abitava a Maputo e a Luanda prima di vivere come personaggio letterario. Lo stesso succedeva con Vadinho, con Guma, con Pedro Bala, con Tieta, con Dona Flor e Gabriela e con tanti altri fantastici personaggi. Jorge non scriveva libri, Jorge scriveva un Paese. E non era solo un autore quello che ci arrivava: era un Brasile intero che tornava in Africa. C’era poi un’altra nazione che era lontana, ma non era estranea. Noi necessitavamo di questo Brasile come colui che ha bisogno di un sogno che mai prima eravamo riusciti ad avere. Forse il suo poteva essere un Brasile tipificato o mistificato, ma era uno spazio magico dove noi rinascevamo creatori di storie e produttori di felicità.
Scoprivamo questa nazione in un momento storico in cui a noi mancava l’essere nazione. Il Brasile,- così pieno di Africa, così pieno della nostra lingua e della nostra religiosità -, ci consegnava questa sponda che ci mancava per essere fiume.
Ho parlato di ragioni letterarie e altre quasi ontologiche che aiutano a spiegare perché Jorge è così Amado nei paesi africani. Ma esistono altri motivi, forse più circostanze.
Noi vivevamo sotto un regime di dittatura coloniale e le opere di Jorge Amado divennero oggetto di interdizione. Le librerie furono chiuse e gli editori perseguitati solamente per il fatto di divulgare le sue opere.
Così l’incontro con il nostro fratello brasiliano sorgeva con un epico sapore di affronto e di clandestinità e credo che la circostanza di condividere gli stessi “sotterranei della libertà” contribuì alla mistica della scrittura e dello scrittore. L’angolano Luandino Vieira, che fu condannato a 14 anni di prigione nel campo di concentramento di Tarrafal, nel 1964 fece passare al di là delle grate una lettera in cui scriveva: - Inviate il mio manoscritto a Jorge Amado per vedere se lui riesce a pubblicarlo in Brasile…-.
In realtà i poeti nazionalisti mozambicani e angolani ersero Amado come una bandiera. C’è una poesia della nostra Noémia de Sousa che si chiama “Poema de João”, scritto nel 1949 e che inizia così:
- João era giovane come noi, João amava i libri che avevano anima e carne, João amava la poesia di Jorge Amado -. E c’è ancora un’altra ragione che potremmo definire linguistica. Nell’altro lato del mondo si svelava la possibilità di conoscere un altro lato della nostra lingua.
In quel momento ci mancava il portoghese senza il Portogallo, una lingua che, essendo dell’Altro, ci aiutasse a incontrare una identità propria. Fino a quando non incontrammo il portoghese brasiliano noi parlavamo una lingua che non parlava di noi. E avere una lingua così, appena a metà, è un altro modo per vivere muti. Jorge Amado e i brasiliani ci ridavano la parola, in un altro portoghese, più dolce, più musicale, più vicino al nostro essere.
Il poeta maggiore del Mozambico José Craveirinha disse in un’intervista:
- Io dovevo nascere in Brasile perché il Brasile ha avuto un’influenza talmente grande in me che da piccolo giocavo a pallone con Fausto, Leonidas da Silva, Pelé. Ma noi eravamo obbligati a passare attraverso gli autori classici del Portogallo. Ad un certo punto ci liberammo con l’aiuto dei brasiliani. E tutta la nostra letteratura passò ad essere un riflesso della letteratura brasiliana. Poi quando arrivò Jorge Amado, noi, in quell’esatto momento giungemmo nella nostra casa -.
Craveirinha parlava di questo grande dono che è poter sognare in casa e fare del sogno una casa. Fu questo che ci diede Jorge Amado. E fu questo che rese Amado nostro, africano e rese noi brasiliani.
Per avere trasformato il Brasile in una casa fatta per sognare, per aver trasformato la tua vita in infinite vite, per questo noi ti ringraziamo, amico Jorge”.
Traduzione dal portoghese di A.R.R.
Mia Couto E' nato a Beira, in Mozambico nel 1955. E' giornalista, professore, biologo e scrittore. E' tradotto in diverse lingue. Tra i premi e i riconoscimenti ricordiamo quello concessogli nel 1995 durante la Feira Internacional do Livro do Zimbabwe, per il libro Terra Sonâmbula, riconosciuto come uno dei dodici libri africani migliori del secolo XX. E' stato insignito per l'insieme della sua vasta opera con il Premio Vergílio Ferreira 1999 e com il Prémio União Latina de Literaturas Românicas 2007. Nel 2007 ha ricevuto il Prémio Passo Fundo Zaffari & Bourbon de Literatura per il suo romanzo O Outro Pé da Sereia. Negli ultimi decenni è diventato uno dei romanzieri più conosciuti di lingua portoghese. Il suo lavoro sulla lingua gli permette di ottenere una grande espressività per mezzo della quale comunica ai lettori tutto il dramma della vita in Mozambico dopo l'indipendenza. Tra i premi ricevuti ricordiamo inoltre: il Prémio Anual de Jornalismo Areosa Pena (Moçambique) con il libro Cronicando, nel 1989, Prémio Mário António (Ficção) della Fundação Calouste Gulbenkian, con il libro O Último Voo do Flamingo, nel 2001, Prémio Eduardo Lourenço, nel 2011. Le sue opere sono state finora tradotte in 20 Paesi.